giovedì 10 settembre 2015

Pensieri seriali #SummerEdition

Non è stata solo un'estate di sangue, morti ammazzati, botte, morti ammazzati malissimo, squartamenti e dolore. No, non è stata solo un'estate di Sons of Anarchy.

Da vera alternativa quale sono ho scelto un criterio innovativo nell'indicare le serie che hanno popolato la mia estate: la data di messa in onda.


Nella mia classifica delle migliori serie del 2014 Halt and catch fire si era guadagnato un meritato terzo posto. L'attesa per la seconda stagione era alta e ho pregato in tutte le lingue che non mandassero tutto a ramengo.
Non lo hanno fatto.
Nonostante un inizio poco accattivante e con qualche difetto, nel giro di poche puntate sono stati in grado di risollevarsi e di ritornare in carreggiata, alla grande. Il risultato è che continua ad essere una delle mie serie preferite, grazie anche a due personaggi che mi piacciono tanto, interpretati da Scoot McNairy e Kerry Bishé (e lei si meriterebbe anche qualche riconoscimento in più). Oltre che avere una delle opening che mi intrippano di più.
Adesso bisogna solo incrociare le dita e sperare nel rinnovo (maledetti americani che non lo guardano). 

Voto: 8,5


Se non avete visto UnReal chiudete tutto ed andate a procurarvelo, adesso!
Dopo alcune settimane di martellamento insistente da parte di amica, ho ceduto ed ho iniziato UnReal, complice anche il fatto di dover necessariamente staccare qualche giorno dalla quinta stagione di Sons of Anarchy che mi stava portando all'autodistruzione. 
Che Unreal sia una serie trasharola è palese, d'altronde l'oggetto è incontrastabilmente trash (reality del tipo The Bachelor). Ma si è rivelata una serie capace di far riflettere e di inquietare, con la descrizione dei beceri meccanismi da reality dove il più pulito c'ha la rogna.
Shiri Appleby è BRAVISSIMA. BRAVISSIMA.
Se avete voglia di staccare il cervello e di vedere qualcosa di più leggero (ma non troppo) senza però mai scadere nel nonsense e nell'insulso, UnReal fa al caso vostro.
DISCLAIMER: Il prodotto potrebbe provocare seria dipendenza, utilizzare con cautela. 

Voto: 7,5 


Questa sì, è la serie trash dell'estate, quella che continui a guardare nonostante gli attori cani, la trama che fa acqua da tutte le parti, soluzioni assurde e probabilità di rinnovo vicine allo zero. 
Ma l'ho vista tutta e se la cancellano sono pronta a richiedere un risarcimento per aver perso 13 ore della mia vita.
La storia non è male, aveva del potenziale ed alcune puntate mettono anche la giusta dose di hype. Il grande punto a favore è la presenza dei bambini, alcuni creepy come non mai, che superano di gran lunga in bravura tutto il parco attori adulti.
Posso dire con sicurezza che dovessi trovarmi di fronte bambine come Harper e Minx, cambierei strada terrorizzata. 
A dei bambini bravissimi corrispondono dei genitori cani e fondamentalmente cretini. Barry Sloane si merita il premio come attore più cane, a tratti (molti) imbarazzante. Milo Ventimiglia ha un ruolo limitato e tutto sommato porta a casa il risultato, anche se decisamente discreto. Lily Rabe in alcune puntate ha insediato Sloane per il premio. 
Minx la ritroverete anche nel nuovo film di Muccino. 

Voto: 5+ 


Parto subito col dire che non ho visto l'originale svedese, il mio giudizio è influenzato dalla mancanza di una pietra di paragone importante. 
Humans mi è piaciuto tanto per l'argomento trattato, la delicatezza nel raccontarlo, Gemma Chan splendida nell'interpretare un Synth senza emozioni. Le sue sono le parti più belle di tutta la serie, almeno a pari merito con la straziante storia di William Hurt e del suo synth tutto difettoso. 
Da quanto leggo è una copia carbone dell'originale svedese, ma me la sento di consigliare questa versione, ben realizzata ed in grado di commuovere. 

Voto: 7,5


Come si dice in questi casi? La migliore serie che non state guardando.
Arrivata alla terza stagione Rectify continua sulla sua luminosa strada. Un prodotto ottimo, capace di emozionare ad ogni singola puntata attraverso tutti i personaggi, anche Tawnie sì.
Ne sono completamente innamorata e le puntate finali mi sono piaciute talmente tanto che, crepi l'avarizia, il mio voto è 10.


La nuova comedy FX di cui non si sa ancora nulla sul rinnovo.
Johnny Rock, cantante di una rock band mai decollata, cerca ancora disperatamente di diventare famoso. Quando scopre, dopo 20 anni, di avere una figlia ricca, brava e gnocca, che cerca il supporto del padre e della sua vecchia band, pensa di aver finalmente svoltato.
Qualche risata la strappa, intrattiene senza troppi problemi ma nel finale perde tanto non capendo nemmeno dove voglia andare a parare.
Poteva essere molto di più, si è rivelato un prodotto perdibile. 

Voto: 6,5 


Partiamo dalle basi: per vedere Wet Hot American Summer First day of camp è propedeutico Wet hot american summer - il film. 
Considero una genialata l'aver richiamato l'intero cast del film per interpretare sempre dei 16enni, Per alcuni il passare del tempo è stato impietoso, altri sono rimasti tali e quali (vedi Paul Rudd ed Elizabeth Banks). 
L'altra genialata è stato inserire nel cast Jon Hamm, che nel ruolo dell'eccentrico ci calza sempre a pennello. 
Il problema è la comicità demenziale, il suo marchio di fabbrica, che non sono riuscita a digerire.
Tutto troppo sopra le righe, tutto troppo nonsense, tutto troppo cretino.

Voto: 6

                                    

Miniserie HBO in 6 parti, diretta da Paul Haggis e che vede tra gli sceneggiatori quel David Simon di The Wire, Show me a Hero racconta una storia vera, quella di una città americana, Yonkers.
Ambientato tra il 1987 ed il 1993, narra principalmente la storia di Nick Wasiscko, diventato il più giovane sindaco d'America nel 1987, a soli 28 anni, il quale ha affrontato nel suo mandato il grosso problema della costruzione di case popolari, in quartieri bianchi, destinate ai neri.
Nelle due puntate finali diventa estremamente potente, raccontando un eroe decaduto e la voglia di cambiamento della popolazione nera, speranzosa di poter finalmente scappare dai ghetti, nei quali per anni sono stati segregati, e vivere finalmente in abitazioni degne di questo nome. 
Show me a hero raccontata uno spaccato di storia americana ancora attuale (e d'altronde la questione di Yonkers si è chiusa solo nel 2007), una storia che sulla carta potrebbe risultare noiosa ma che è, invece, potentissima.
Ed ho capito che a Yonkers son tutti di origine italiana.

Voto: 9+ 


All'uscita del trailer non ero così convinta di Narcos, mi ispirava poco e pensavo che lo avrei abbandonato dopo un paio di puntate. 
In definitiva l'ho iniziato perché ad un prodotto Netflix si dà sempre una chance e perché nel cast figura Pedro Pascal (soprannominato dalla sottoscritta "lo strappamutande").
Ed invece è stato amore a prima vista, con una parvenza di binge watching, dai 2 puntate al giorno posso definirle così. 
Il grandissimo pregio di Narcos è l'avere uno stampo documentaristico. Non si è limitato a ricostruire l'ascesa e la caduta di Pablo Escobar, ma intelligentemente ha inserito materiale storico permettendo di approfondire la Storia colombiana. 
Tutto gira perfettamente, dal voice over mai invadente, al cast ben calato nella parte, all'uso massiccio della doppia lingua (ed anche Netflix finalmente ci è arrivata). 
Non sono nella schiera delle persone che loda i prodotti Netflix sempre e comunque, vedi Sense 8 che trovo un prodotto mediocre o Marco Polo che ha degli evidenti difetti, ma Narcos è, fino ad ora, una delle sue migliori serie. 

Voto: 8+

A questa lista manca True Detective - season 2.
E manca per un chiaro motivo: non sono riuscita a superare la terza puntata, la noia ed il sonno hanno preso il sopravvento. Pizzolato ci hai provato, ma ti è uscita una mezza schifezza. 






domenica 6 settembre 2015

Testament of Youth

HEDAUVILLE  novembre 1915

La luce del sole sulla lunga strada bianca
un nastro ai piedi della collina,
le clematidi di velluto che fanno da cornice
al davanzale della finestra
ancora ti stanno aspettando.
Ancora una volta l'ombroso laghetto
vedrai increspato attorno ai piedi,
e quando l'usignolo canterà nel bosco,
senza saperlo tu potrai incontrare
un altro sconosciuto, mia cara.
E se non sarà tanto invecchiato
come il ragazzo che conoscevi,
meno superbo, e forse più degno,
tu non lasciarlo andare...
(la margherita è più sincera della passiflora!)
e andrà tutto bene.
R.A.L.

Ci ho pensato un mese. 
Ero tentata di scrivere qualcosa su Testament of Youth. 

Mi sono resa conto che non ne sono in grado; la storia è troppo intensa, carica di dolore, di forza e di speranza, perché possa sporcarla con le mie parole. 

Vi dico solo una cosa: fatevi un regalo e leggete il libro di Vera Brittain. Avrete l'onore di conoscere una splendida donna ed una storia autobiografica che vi farà riflettere come pochi libri sanno fare. 

Non fate l'errore di vedere prima il film, sì, carino, ma nulla in confronto alle parole della Brittain. 



domenica 30 agosto 2015

Sons of Anarchy - la lunga corsa verso il finale


Ho recuperato Sons of Anarchy. 
Dopo due mesi ed una manciata di giorni, ieri ho visto le ultime due puntate della serie nata dalla penna di quel sadico bastardo di Kurt Sutter. 

La prima cosa che mi viene da dire è che mi spiace non averla recuperata prima e non aver potuto vivere almeno un paio di stagioni in contemporanea. Il binge watching non mi si addice e mi toglie molte delle emozioni che vivrei con una visione cadenzata settimanalmente e nel corso degli anni. 
Recuperare 92 episodi in poco significa non avere il giusto tempo di affezionarsi ai personaggi, non soffrire per la loro sorte appesa ad un filo perché il prossimo episodio è lì che ti aspetta e lo vedi subito. 
E' una serie che avrebbe potuto farmi piangere parecchio perché il materiale c'era tutto, ma nonostante mi abbia emozionato in più punti nelle varie stagioni, la pelle d'oca ed i lacrimoni mi sono venuti solo in tre occasioni. 

Sons of Anarchy ha 3 grandissimi pregi: 
- il cast
- la colonna sonora 
- una conclusione perfetta. 

Sul finale non ho nulla da dire e mi inchino al genio malato di Sutter (per chi non lo avesse ancora visto, fermatevi qui perché vi spoilero il finale).
Doveva andare così, con una fine che potrebbe apparire molto amara ma che invece è un atto di amore e di libertà. 

Jax salva il suo club dal macigno di uccidere il suo Presidente, salva i suoi bambini da Charming, dai sons, ma principalmente da lui stesso. Riesce finalmente nello scopo che il padre aveva provato a raggiungere, senza successo: evitare che i figli possano diventare dei criminali assassini. 
Non considero quello di Jax un suicidio (di certo lo è nel senso stretto del termine), ma l'ennesima morte provocata da una madre degenere. 
Gemma Teller nella penultima puntata si autoincensa dicendo di non essere stata una buona figlia e moglie ma di essere stata un'ottima madre. Ah Gemma, pazza visionaria, sei stata il cancro della tua famiglia e del club, matriarca possessiva all'inverosimile, hai portato alla distruzione l'unico figlio che ti era rimasto. 
Gemma è uno dei personaggi più controversi. Fino alla terza stagione mi è piaciuta tanto, anche nei suoi estremismi e violenze, a partire dalla quarta stagione è pian piano salito l'odio verso una donna che stava portando alla distruzione l'intero SAMCRO. 

C'è da dire che l'odio che ho provato verso Clay Morrow, però, è insuperabile. Peccato per i colpi finali. Ho avuto l'impressione che la sua storia sia stata tirata inutilmente per le lunghe. 
Per carità, avere Ron Perlman in giro per un'altra stagione non poteva che essere positivo, ma avrei preferito una conclusione più celere. In definitiva, la sua morte è arrivata in un momento in cui di lui ormai mi fregava poco e nulla. 

Chi ho amato dalla prima all'ultima puntata, senza mai ripensamenti, è Tara. 
Una donna forte, sicura di sé, capace di non farsi intimidire né dal marito, che comunque ha sempre amato, anche nei momenti peggiori, né da quella sciagurata di suocera che ha tentato di mettere i bastoni tra le ruote in tutti i modi. 
Sapeva perfettamente che avrebbe fatto una brutta fine, ma doveva tentare, doveva cercare di salvare i suoi figli da un mondo marcio e malato. 
Alla fine ci è riuscita.

Io starei qui a parlare per ore, 7 stagioni sono un'infinità e di personaggi ce ne sono stati a milioni (così come le morti), potrei parlare di Tig, il mio preferito dei SAMCRO per cui sono stata in pena quelle 4 stagioni ed invece, per una volta, avevo puntato sul cavallo vincente, è arrivato VIVO E VEGETO ALLA FINE. 
Potrei parlare di quante volte abbia dovuto chiudere gli occhi e ho giurato che non mi lamenterò mai più di Ciccio Martin perché Game of Thrones in confronto è una passeggiata di salute. 
Potrei dilungarmi su un personaggio che mi ha colpito tanto e che trovo sia stata un'ottima aggiunta: Nero Padilla è uno dei pochissimi personaggi che cercano di mantenersi sempre positivi, ha cercato di salvare madre e figlio, non sapendo che il loro destino era segnato e non si poteva fare nulla. 

Concentrandomi sugli attori devo dire che in tutti questi anni ho sempre letto elogi sperticati su Katey Sagal, attrice straordinaria, nulla da dire, ma i due che mi hanno convinto più di tutti sono stati Ron Perlman e Charlie Hunnam. 
Hunnam è cresciuto con il suo personaggio, è maturato come attore e nelle ultime 3 stagioni mi ha stupito tantissimo. E' passato dall'essere un attore discreto ad un attore coi controcazzi, capace di impersonare un uomo lacerato dal dolore, diviso tra la sua famiglia ed i SAMCRO, un assassino spietato dolce con i figli. 

Terza e quarta stagione sono le mie preferite. 
Ho trovato la settima, invece, troppo lunga e confusionaria. Si sarebbe potuto sforbiciare qua e là senza troppi problemi. 

Sons of Anarchy è un'ottima serie non priva, però, di difetti, qualcuno anche di troppo. 
Per citarne uno, la scena finale: inseguimento troppo lungo e surreale, ma fin qui si chiude un occhio senza problemi, che avrebbe potuto concludersi in modo perfetto con il sorriso di Jax ed è invece stato macchiato dalla scena dell'impatto di qualità scadentissima e dall'ultima inquadratura dei corvi. 
Benché apprezzi la simbologia del pane, del vino, del sangue e la chiusura sui corvi riprendendo l'inizio della serie, la realizzazione è mediocre. Un vero peccato, perché sporca gli ultimi minuti finali che avrebbero meritato un 10 per tutto quello che rappresentano. 
O ancora l'inserimento del nuovo sceriffo, messo lì solo per la storiella con Chibs. 

Concludo ricordando la Stahl, uno di quei personaggi che in teoria avrei dovuto odiare perché minaccia concreta per i nostri, ma che ho adorato per il suo essere così borderline. Una stronza vera. 

VOTO ALLA COLONNA SONORA: 10, una delle migliori del panorama televisivo. 
PREMIO SPECIALE A KURT SUTTER per essersi dimostrato l'autore più sadico incontrato fino ad ora. 
VOTO AL CULO DI JAX TELLER: 10 (moltiplicato x10) 
VOTO ALLA SERIE: 9 - 







giovedì 16 luglio 2015

FRemmy awards 2015

Oggi sono state rese note le nomination di quella gran vaccata che sono gli Emmy Awards, noti anche come "vediamo 4 serie in croce e non rompete il cazzo".
Già da questa prima frase avrete capito che nel giro di poche ore ho già finito gli insulti nei confronti di questi tipi fuori dal mondo, roba che nemmeno il culo di Jax Teller in questo momento potrebbe sollevarmi il morale.
No, ok, il culo di Jax Teller è la medicina a tutti i mali del mondo. 

Comunque, dato che sono degli inetti, incapaci, ignoranti (le nomination non ve le linko nemmeno perché hanno delle mancanze VERGOGNOSE, tutto maiuscolo sì, VERGOGNOSE), ho deciso di istituire i FREMMYS, premio conferito da me medesima alle serie migliori dell'anno (tra quelle che ho visto, che chiaramente son di più di quelle viste dai tizi degli emmy). 

MIGLIOR SERIE DRAMA: 
  • The Americans
  • Mad Men
  • The Affair
  • Better call Saul
  • Halt and Catch Fire
  • House of Cards
  • Game of Thrones 
Sono sincera, la miglior serie dell'anno è The Americans. Non ho alcun dubbio.
Ma Mad Men è alla sua ultima stagione, ha avuto un finale perfetto e non posso non darle la vittoria.
Cari russi, sono sicura che non mi deluderete nemmeno il prossimo anno. 

MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA IN UN DRAMA: 

  • Keri Russell (The Americans)
  • Ruth Wilson (The Affair)
  • Taraji P. Henson  (Empire) 
  • Robin Wright (House of Cards) 
  • Elizabeth Moss (Mad Men)
  • Julianna Margulies (The Good Wife)
Una Elizabeth incredula, qualcuno la considera!
Keri Russell domina.
Nella terza stagione abbiamo avuto modo di vedere più lati del suo carattere, finalmente avere un qualche tipo di contatto con la figlia (povera, si è cresciuta da sola, praticamente), senza mai perdere di vista la madre patria ed il suo obiettivo principale.
Il finale, con le parole di Reagan in sottofondo, è stato di forte impatto e in una sola scena ha descritto perfettamente un personaggio così complesso.

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA IN UN DRAMA:
  • Matthew Rhys (The Americans)
  • Bob Odenkirk  (Better call Saul)
  • Aiden Young  (Rectify)
  • Jon Hamm   (Mad Men)
  • Kevin Spacey  (House of Cards)
  • Justin Theroux (The Leftovers) 
Un premio?!?! A me?!?!?!
L'unico premio in cui Jon Hamm vince effettivamente qualcosa. Il Leonardo di Caprio delle serie tv, lo strappamutande di cui i giurati hanno tanta paura. 
Li avrei fatti vincere tutti (Rhys, tu sei il mio secondo preferito in assoluto, solo grandi cuori per te), ma Jon Hamm è dio. 

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA IN UN DRAMA:

  • Christine Baranski (The Good Wife)
  • January Jones  (Mad Men)
  • Kerry Bishé (Halt and catch fire)
  • Carrie Coon (The Leftovers)
  • Lena Headey (Game of Thrones)
  • Olivia Williams (Manhattan)
Carrie Coon ha appena capito che qualcuno sa che esiste e non trattiene le lacrime.

Dico solo che reputo Carrie Coon una delle attrici più brave dell'intero panorama televisivo e cinematografico e si merita tutti i premi del mondo (per ora ti tocca solo il mio).

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA IN UN DRAMA:
  • Ben Mendelsohn (Bloodline)
  • Jonathan Banks (Better call saul)
  • John Slattery (Mad Men)
  • Joshua Jackson (The Affair)
  • Stannis the Mannis (ci siamo capiti)
  • Matt Czuchry (The Good Wife) 

Vittoria facile facile.
Ma la nomination a Matt Czuchry era un obbligo, in questa stagione ha finalmente avuto più spazio ed ha dimostrato quello che sapevamo già: è bravo.

Per altre categorie drama, per evitare di stare qui fino a domani, posso dire che lei (Linda Lavin - The Good Wife), si merita il premio come guest actress. 

Passiamo alle comedy

MIGLIOR SERIE COMEDY:
  • Transparent
  • You're the worst
  • Grace & Frankie
  • Unbreakable Kimmy Schmidt
  • The last man on earth
  • Jane the Virgin
Mi rendo conto che qui ci siano delle grandi mancanze. Con Parks and Recreation e Veep ho dei limiti fisici (mi viene il mal di mare, non mi pare il caso di avere la nausea per tutta la durata della puntata), Louie è in lista, prima o poi verrà recuperato. 
E la vittoria va al dramedy che mi ha conquistato

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA IN UNA COMEDY:

Non credo di avere abbastanza nomi. Già è un miracolo che abbia visto tutte queste comedy nell'ultimo anno, dichiaro direttamente il vincitore: 
Caitlin Jenner fatti più in là.
MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA IN UNA COMEDY: 

Come arrivare a 70 anni ed avere uno spirito più giovane di qualsiasi 20enne.
Non posso scegliere una delle due,sarebbe un delitto. O in coppia o nulla. 

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA IN UNA COMEDY: 

Gaby Hoffman (Transparent) 
Ali sta già festeggiando  
MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA IN UNA COMEDY:


Clamoroso ex aequo! Anche qui, non sono in grado di scegliere tra l'adorabile e fuori come un melone Tituss Burgess (Unbreakable Kimmy Schimdt) e il re indiscusso delle telenovele, Rogelio de la Vega (Jaime Camil, Jane the Virgin). 

Ci sarebbero un altro miliardo e mezzo di categorie ma fa caldo ed il pc mi sta facendo fare la sauna.
Dico solo: guardatevi The Jinx. 

lunedì 6 luglio 2015

Pensieri seriali #4

E quindi è finita la seconda stagione di Penny Dreadful e sono ancora dubbiosa sul cosa pensarne. 
E' un buon prodotto, con una buona storia e con alcuni attori superbi (leggi alla voce Eva Green e Rory Kinnear), ma nonostante riconosca degli evidenti pregi continua a non convincermi del tutto. 
Penny Dreadful non mi ha ancora conquistata, nonostante siano ormai andate in onda 18 puntate. 
Questa seconda stagione mi è piaciuta meno della prima, mi ha annoiato in alcune puntate, e mi ha impoverito quello che era stato uno dei miei personaggi preferiti nella prima stagione: Victor. 
Tutta colpa di Billie Piper, Re Mida al contrario. 
Appena si relaziona con qualcuno, quel personaggio cala drasticamente e perde di qualità. Era successo con l'Ethan Chandler di Josh Hartnett, che nella prima stagione non aveva trovato una valida collocazione ed è invece risorto nel momento in cui si è liberato della palla al piede/Brona. E' successo in questa seconda stagione con Victor. Un'attrice che considero alquanto mediocre, che ha dimostrato di essere capace solo in un'occasione. Peccato che poi sia ripiombata nella mediocrità.
Ma Penny Dreadful ha anche un altro grande difetto, Dorian Gray. Inconsistente, inutile, scritto male e recitato peggio. Un peccato l'aver inserito un personaggio di quel calibro e poi averlo ridotto così. 

Voto alla seconda stagione: 7

Ho dato un chance a Sense 8 che da qui in poi sarà chiamato amichevolmente Non Sense 8. 
Il pilot dicono duri 1 ora e qualcosa ma mentono, dura 4 ore e mezza. Ma ho resistito e sono andata avanti su consiglio di chi mi diceva "vedrai che migliora". A metà quarta puntata volevo abbandonare, poi un finale che è anche l'unica cosa realmente meritevole che ho visto, mi ha fatto andare avanti per altre due puntate. 
Alla sesta ho staccato la spina. 
Io e i Wachowski chiaramente non andiamo d'accordo (d'altronde considero Cloud Atlas una cagata assurda nonché 3 ore della mia vita buttate nel cesso) e in questa serie i problemi sono tanti. 
Che le idee ci siano e siano anche buone non lo metto in dubbio, ma manca completamente, a mio parere, una valida costruzione della storia. 
E' come se avessero pensato ad una serie di idee geniali e poi le abbiano buttate tutte nel calderone non preoccupandosi minimamente di dar loro una forma. 
"E' figo questo!" 
"Sì!! Come lo colleghiamo al resto?"
"C'è bisogno di collegare?!?!" 

Aggiungiamoci che nessuno degli attori mi è parso chissà cosa, che quasi tutti i personaggi mi stavano sulle balle e che in alcuni punti raggiunge alti picchi di trash ed abbiamo un bel

Voto parziale (che tale rimarrà): N.C. 

E per finire due parole sulla sesta stagione di Community. 
Non pensavo si potesse far peggio della quinta. Ci son riusciti. 
In più di un'occasione mi sono vergognata per gli attori, la cosa più brutta che uno spettatore possa mai pensare. 
Ho anche saltato alcuni episodi perché era veramente uno strazio continuare a seguirli e assistere alla distruzione di una delle comedy più belle degli ultimi anni. Hanno saputo risollevarsi con un bel finale ma la mia fiducia in Dan Harmon è talmente bassa che spero vivamente si chiuda tutto qui e l'idea del film venga accantonata.
Adesso però devo solo far finta che tutto il resto della stagione non esista. 

Voto alla stagione: 5 
Voto al finale: 8


domenica 5 luglio 2015

I giovani favolosi


Giacomo Leopardi mi ha sempre affascinato, lui ed il suo pessimismo che, in termini molto più bassi e spiccioli, sento di condividere. 
Ma il caro Giacomo non me ne vorrà se trasformo il titolo del film al plurale, ricomprendendo in tal modo non solo il poeta ma anche il suo interprete sullo schermo. 
"Il giovane favoloso" è la celebrazione di un personaggio immenso, colto, come pochi altri lo sono stati, e sensibile. Per rendere giustizia ad una persona di questo calibro era necessario un attore "favoloso" che potesse rendere su schermo l'universo leopardiano, complesso, triste, infelice, ma anche ironico. 
Elio Germano è perfetto nel ruolo.

Il film ripercorre le tappe più importanti della vita di Leopardi, iniziando e soffermandosi particolarmente sulla sua infanzia e adolescenza in quel di Recanati, nella casa paterna. 
Gli eredi Leopardi hanno appoggiato in toto il progetto di Mario Martone ed hanno aperto la casa natale del poeta perché qui venissero girate alcune scene. 
E dunque la biblioteca in cui Giacomo si forma e trascorre gran parte delle sue giornate diventa protagonista e luogo simbolo della pellicola.
Più di una volta mi sono chiesta che sensazioni devono aver provato gli attori girando lì, in un luogo così pieno di significato. 
Ad una madre severa ed anaffettiva ed un padre di poco migliore si contrappone lo splendido rapporto che Giacomo ha con i suoi fratelli (qui ne vengono presentati solo due, Carlo e Paolina), di amore e di sostegno. 
Amore e sostegno che Leopardi troverà anche in Pietro Giordani e nel suo carissimo amico Antonio Ranieri (Michele Riondino), che lo seguirà nei suoi spostamenti in giro per l'Italia e lo accudirà fino alla fine.
Il giovane favoloso non impressiona solo per l'immensa prova di Germano e l'intelligente inserimento delle poesie di Leopardi, recitate da lui stesso e nei luoghi in cui queste hanno trovato ispirazione, ma colpisce anche per la favolosa ambientazione e fotografia. 

Un unico piccolo difetto: Anna Mouglalis nei panni di Fanny. Inconsistente ed anche un po' incapace. 

VOTO: 8 e mezzo

sabato 27 giugno 2015

Madame Bovary (2014) una sana botta di vita


I personaggi tristi, tormentati e infelici riescono particolarmente bene a Mia Wasikowska e la sua Emma Bovary non fa alcuna eccezione.
Trasporre uno dei romanzi francesi più famosi, con una storia molto semplice sulla carta, è un'impresa ardua. Perché per quanto sia una storia che non presenta difficoltà di sorta, trasposta potrebbe incappare nel grande difetto di risultare troppo lenta e poco interessante.
Difetto che il film diretto da Sophie Barthes ha. 

Emma è appena una ragazza quando sposa il medico di campagna Charles Bovary. La sua insofferenza alla vita di paese, senza svaghi, senza gioie, senza un marito che la capisca, si manifesta poco dopo i primi mesi di matrimonio. 
Il cambiamento, da giovane sposa attenta e parsimoniosa a donna che si rifugia negli acquisti per portare cambiamento nella sua vita, è palese. Se nella prima mezz'ora Emma indossa sempre lo stesso vestito, in qualsiasi occasione, nel momento in cui prende atto che la vita che sta vivendo è una completa delusione, inizia a sfoggiare abiti su abiti, tutti magnificamente splendidi, dando così inizio alla sua discesa verso l'inferno. 
E devo dire che i costumi sono forse la parte più bella del film, elaborati, ricchi, colorati, esprimono bene la voglia di lusso di Emma.
Tutta la prima parte scorre lenta così come le giornate di Madame Bovary, lentezza che si sarebbe sopportata bene, perché riflesso della noia della protagonista, se poi i due amanti, che di lì a poco Emma avrà, fossero riusciti a smuovere anche solo un po' le acque. 
Ed invece sia Leon che il Marchese sono tremendamente piatti, senza alcun guizzo, senza passione e per di più con poca e nulla alchimia con la protagonista. 
Ezra Miller/Leon e Logan Marshall-Green/Marchese sono quasi del tutto una delusione. 

Buona invece la scrittura e l'interpretazione di Henry Lloyd-Hughes nei panni di Charles Bovary, un uomo buono ma incapace di capire la profonda insofferenza della moglie. 

Non si tratta di una trasposizione fedele (qui Emma non ha alcuna figlia) ma devo dire che anche qui sono riuscita a non sopportare la protagonista. 
Madame Bovary fa il paio con Anna Karenina per personaggio decisamente poco simpatico. 

Ah! C'è Lady Edith di Downton Abbey, passata dall'altra parte della barricata, interpreta la domestica di casa Bovary. 
E c'è anche lui.

VOTO: 6 +



domenica 21 giugno 2015

Cinderella (2015)

C'era una volta una bambina di nome Ella, tanto carina e graziosa. 
In punto di morte la madre le disse di essere sempre coraggiosa e gentile, qualunque cosa sarebbe successa nella sua vita. Fu così che Ella rimase solo con il padre che, poco tempo dopo, si risposò. 
Ma Ella non aveva la fortuna dalla sua e ben presto morì anche lui, lasciandola sola con l'adorabile matrigna e le due poco viziate sorellastre. 
Ben presto le tre rivelarono la loro vera natura, maltrattando costantemente la povera Ella, diventata intanto Cinderella, relegando la fanciulla in soffitta e trasformandola in una serva. 
Cinderella aveva sempre a mente le parole della madre "sii coraggiosa e gentile" ed ogni volta che subiva le angherie delle tre arpie cercava di non arrabbiarsi troppo. 

Un giorno, per sfogare la rabbia, decise di fare una cavalcata e incontrò un ragazzo bellissimo, con gli occhi più azzurri che avesse mai visto. 
Nei mesi successivi le arpie divennero sempre più cattive, ma Cinderella cercava di rimanere calma, ripensando a quegli splendidi occhi. Fino a quando, un giorno, la matrigna trattò talmente male la povera ragazza che successe l'inaspettato. 
Ella, dentro di sé, chiese scusa a sua madre per non poter essere gentile in quel momento, decise, però, di essere coraggiosa e in un impeto di profonda rabbia, accecata da tutto il dolore che le tre le avevano provocato in quegli anni e non potendo più sopportare oltre (e in piena sindrome PMS, causa di molte morti), le ammazzò. 
Fu un bagno di sangue. 

Cinderella trascorse il resto della sua vita in una cella buia ed umida, ritrovandosi a pensare spesso a quel ragazzo dagli occhi blu che non seppe mai essere il Principe Azzurro. 
Anche il futuro Re pensò spesso a quella ragazza che mai più incontrò e che avrebbe voluto sposare. Impalmò invece una principessa di un ricco e potente regno lontano, bruttina e un po' antipatica, ebbe 15 figli, di cui 10 illegittimi.  
E vissero tutti infelici e scontenti. 


La mia versione della storia sarebbe stata più o meno questa. Per fortuna è andata diversamente. 

Con la mia solita solerzia (ok, son passati 3 mesi) ho visto Cinderella. 
E mi è piaciuto tanto. Anzi, TANTISSIMO!
Lily James perfetta nel ruolo, semplice e dolce come il personaggio richiede, un'attrice che si è dimostrata perfettamente all'altezza.
Cate Blanchett è affascinante nelle vesti della matrigna, la odi ma un po' ti dispiace. Helena Bonham-Carter, con tutto quel vestitone è buffa e sorprendente. Non era un ruolo che pensavo potesse calzarle, quello della fata madrina, invece ci sta alla grande. 
La storia è raccontata in modo semplice, quasi del tutto fedele all'originale, con più momenti da lacrimuccia e altri da WOW. Difficile non voler essere Cinderella con quell'ingombrantissimo vestito, anche solo per poter girare e muovere la gonna. 
Gli abiti, in particolare delle sorellastre (Daisy, fossi in te non tornerei più a Downton Abbey dopo quello che hai fatto) sono forse troppo eccentrici e vistosi, ma non lo trovo un difetto. O meglio, potrebbero anche esserlo ma gli splendidi vestiti della Blanchett compensano tutto. 

Richard Madden è un King in the North Principe perfetto. Nessuno avrebbe potuto rendere meglio. 

Un film ideale per quando si vuole piangiucchiare ed avere allo stesso tempo un meraviglioso happy ending. 

mercoledì 3 giugno 2015

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venerdì 29 maggio 2015

Marvellous (2014)


I BAFTA TV sono sempre fonte di ispirazione per serie e film tv british che durante l'anno mi sono sfuggiti. Quest'anno devo dire che sono arrivata impreparata e, forse per i pochissimi prodotti degni di nota che gli inglesi hanno sfornato del 2014, avevo visto veramente poco. 


Marvellous è un film tv, andato in onda sulla BBC Two nel settembre 2014, vincitore come miglior drama television film . Un biopic semplice e diretto, senza inutili orpelli o scelte eccessivamente drammatiche. 


Marvellous è la storia di Neil Baldwin, a sinistra nella foto, interpretato da Toby Jones (a destra).
Neil ha sempre avuto difficoltà di apprendimento ma, nonostante il lieve ritardo, non si è mai abbattuto ed ha fatto dell'ottimismo la sua bandiera. 
"Registered clown", ha lavorato per diversi anni in un circo, ha conosciuto vescovi ed arcivescovi, politici e reali grazie alla sua parlantina e faccia tosta. Neil Baldwin è in grado di superare qualsiasi ostacolo.
Grande tifoso dello Stock City, negli anni 90 riesce a diventarne la mascotte ed entrare sotto l'ala protettrice dell'allenatore Lou Macari. 
Per oltre 50 anni ha bazzicato la Keele University, facendosi benvolere da tutti e diventandone il simbolo tanto che, nel 2013, gli è stata conferita la laurea ad honorem per il servizio reso nei confronti degli studenti.
Ed ha fondato anche una squadra di calcio che porta il suo nome. 

"I’ve always wanted to be happy so I decided to be."

Sarebbe stato semplice rendere la storia di Neil in un film strappalacrime.
La sua è una storia di forza e coraggio, commovente in più punti e d'ispirazione. Decidere di raccontarla nel modo più naturale possibile è una scelta vincente e onesta nei confronti di Baldwin stesso.
Il valore aggiunto sono le brevi scene in cui il vero ed il finto Neil commentano alcuni episodi della storia, scene in cui ci si rende conto dell'ottimo lavoro fatto nel trasporre la sua vita ed il suo carattere e della splendida prova di Toby Jones che rimane sempre nel personaggio, anche durante quei brevi momenti, concedendoci a tutti gli effetti due Neil Baldwin. 

Un ottimo film per rendere tributo ad una persona meravigliosa.

“Didn’t you think he was picking on you because of your difficulties?” 
 “What difficulties?"





sabato 16 maggio 2015

I 15 libri importanti della mia vita (per ora)

Con i miei soliti tempi biblici (sono passati "solo" due mesi da quando ho letto il post di Recensioni ribelli, da un'idea di Il buio in sala) arrivo anche io con la lista, più o meno confusa, dei 15 libri importantissimi.
Non quelli che ritengo più belli, solo quelli che mi hanno in qualche modo segnato o lasciato un ricordo indelebile.
Una lista che riflette la mia passione per i classici di cui ho fatto indigestione per tutta l'adolescenza nella convinzione che non potessi approcciarmi al "nuovo mondo letterario" senza una solida base culturale ed avendo, poi, dovuto ammettere che mi diverto molto di più a leggere di tempi passati che dei miei contemporanei. Probabilmente  sono nata vecchia.




Parto da uno dei primi libri che abbia mai letto.
Lettrice ossessivo-compulsiva già dalla tenera età di 9 anni (e probabilmente ero molto più dedita allora che oggi), Roal Dahl è stato uno dei primi grandi amori.
La Fabbrica di cioccolato è uno dei pilastri della mia infanzia/preadolescenza, ma è stato Matilde a rubarmi il cuore, con la sua intelligenza e furbizia.
Probabilmente avessi letto ai tempi "Il giardino segreto" oggi sarebbe in lista, purtroppo, però, l'ho letto solo lo scorso anno.


Forse una scelta estremamente banale.
Ma è uno dei libri che più mi ha segnato, mi ha aperto gli occhi e mi ha reso più consapevole di alcune dinamiche. Sicuramente ci starebbe bene anche in una lista dei libri che più meritano. 

Gli scrittori francesi dell'800 sono la mia grande passione e sono la dimostrazione che la scuola non rovina poi tutto. Letteratura francese è una delle pochissime materie che credo di aver fatto "con i sani sensi", grazie ad una professoressa appassionata e ben organizzata.
Zola mi ha accompagnato dall'inizio alla fine del quinto superiore ed era presente ad ogni benedetta interrogazione, come abbia fatto a non odiarlo è ancora un mistero. 
Il Ventre di Parigi è uno dei miei preferiti tra quelli che ho letto fino ad ora. Il caro Emilio aveva il dono superbo di descrivere paesaggi, città, colori e profumi in un modo tale da farteli sentire anche attraverso la carta. Oltre che farti deprimere in maniera spropositata. 
L'unico che ho fatto fatica a terminare è stato Germinale, un sano mattone. 


Chi è il tuo scrittore contemporaneo preferito? Jonathan Coe.
Un libro acquista un valore inestimabile quando lo si legge nel "periodo giusto". 
Al di là della bellezza de "La casa del sonno", ho avuto la fortuna di leggerlo in un periodo in cui anche io avrei potuto benissimo essere un personaggio del romanzo, acquistando, così, un valore aggiunto. 


Questo è un libricino che non posso spiegare.  Leggetelo, tutti. 


La saga di Martin acchiappa tantissimo, nonostante non la ritenga di alta qualità. Adesso che ci penso non so se si merita un posto nella mia classifica, dato che il caro CiccioMartin per pubblicare un libro ci mette decenni e fa perdere la pazienza anche alla persona più calma del mondo.
Probabilmente è uno dei libri importantissimi della mia vita perché è l'unico che coprirà almeno dieci anni della mia esistenza, in attesa della fine. 


Ci sono pochi libri che, dopo più di dieci anni, al solo ricordo, ti trasmettono ancora un forte senso di claustrofobia, inadeguatezza, tristezza, depressione, male di vivere. Tutte sensazioni che ho provato leggendolo e sono ancora forti al solo ricordo. 


Dumas: uno dei miei grandi amori. Mi mancano pochi titoli ed avrò letto tutto quello che lui (o i suoi ghostwriter) ha scritto. 
Il Visconte di Bragelonne chiude la trilogia dei Tre Moschettieri, un bellissimo mattone di 1276 pagine che ho divorato nel giro di poche settimane. Perché è importantissimo? Perché non solo è una delle storie che amo di più, ma perché è il primo libro in assoluto che mi ha fatto piangere. Arrivata alla fine ricordo di aver avuto gli occhi pieni di lacrimoni che mi impedivano di leggere il resto. 
Il mio preferito è sempre stato Athos, così, per conoscenza. 


Irene Némirovsky è una scrittrice che ho scoperto solo da qualche anno e che si è conquistata un posto tra i miei preferiti sin da subito, una penna eccellente. 
Già la storia della scoperta di Suite Francese (scoperto dalle figlie della scrittrice, morta nei campi di concentramento nel 1942, solo qualche anno fa, pubblicato poi nel 2004), potrebbe essere un romanzo a sé. 
Un vero peccato che sia incompiuto, dato che nelle intenzioni della Némirovsky doveva comporsi di cinque racconti, ma i due che è riuscita a terminare sono di una rara bellezza, con particolare attenzione al secondo, "Dolce". 


Uno dei primi classici che ho letto, una pietra miliare nell'educazione di una giovane donna. 


Perché non l'ho letto prima? Perché ho aspettato così tanto tempo prima di leggerlo? Perché nessuno non mi ha mai costretto? 
Non lo avete letto? VI COSTRINGO IO! 


Quanti libri ho letto nei 6 mesi di lezioni di Diritto del Lavoro!
Se la frequenza è obbligatoria ma la capacità del prof di farti capire la qualunque sotto lo zero, arrivati alla terza lezione hai già trovato il modo di impiegare meglio quelle 4 ore settimanali. 
Il solo problema che ho avuto con Il mulino sulla floss è che non mi è stato possibile leggere il finale in aula. Non mi sembrava il caso di aprire i condotti lacrimali in mezzo a 300 persone. 


Il mio primo libro fantasy (e se non fosse arrivato George Ammazzotutti Martin, anche l'ultimo). Non amo il genere, ma l'immensa bravura di Tolkien ha fatto il miracolo. 


Mi ero ripromessa di non mettere due libri dello stesso autore, ma con Hugo mi è praticamente impossibile rispettare la regola. L'ultimo giorno di un condannato a morte spalanca le porte alle riflessioni e non poteva che segnarmi per il tema trattato, I Miserabili è molto in cima tra i miei libri preferiti e non potevo di certo lasciarlo fuori. 
Riflettendoci, sono passati ben 12 anni da quando l'ho letto. Avevo 16 anni, era novembre ed eravamo in autogestione per modo di dire, non facevamo lezione per 3 ore ma in pratica non potevamo fare nulla. 12 anni ed è come se lo avessi letto ieri. 


L'ho lasciato per ultimo per un preciso motivo: non so immaginarmi senza i libri di Jane Austen. 
E' una compagna di vita perché anche nella quotidianità ritrovo caratteristiche dei suoi personaggi nella gente che incontro.
Ne dovevo scegliere solo uno e non sono andata sul classico Orgoglio e Pregiudizio, bensì ho scelto Emma, l'eroina più complicata e meno facile da amare, con un carattere forte e predominante, poco simpatica ai più, piena di difetti ma in grado di imparare dai propri sbagli e cambiare. 
Forse un po' mi ci rivedo in lei, potrebbe essere questa la ragione del mio amore nei suoi confronti. 
Di certo non sono né bella, né ricca, né intelligente come Miss Woodhouse, però quel carattere difficile, poco simpatico e un po' autoritario ci accomuna. 
Emma ha anche il mio personaggio maschile preferito, più di Darcy, sì. 
Mr Knightley è un gentiluomo, uno dei pochi in grado di capire la natura di Emma e in grado di consigliarla, un amico, un confidente, una persona di cui fidarsi ad occhi chiusi, un uomo col quale condividere le proprie passioni ma, soprattutto, in grado di smussare il carattere forte di Emma e di migliorarla. 
L'uomo perfetto. 


domenica 3 maggio 2015

A Promise


Sin dal momento in cui sono venuta a conoscenza della realizzazione di questo film ho pensato "lo guarderò, cascasse il mondo". 
Ok, ci ho messo un po' troppo tempo per recuperarlo, ma ehi, i sub eng non volevano uscire. 

E' un film che rientra perfettamente nel mio genere: ambientato nei primi anni del 900, prima, durante e dopo la Prima guerra mondiale, i protagonisti sono tre attori che stimo molto, dal superbo Alan Rickman, passando per la bravissima Rebecca Hall, fino al mio King in the North, Richard Madden. 
Il film di Leconte si può riassumere in due parole: tensione sessuale. 
Tensione sessuale everywhere che ad un certo punto ti fa sperare fortissimamente nel lieto fine, per la tua salute mentale, per la salute mentale dei protagonisti, per la salute dello scrittore no perché è morto, ma, nel caso, ci sarebbe stato bene. 

A promise convince fino ad un certo punto
A scelte registiche che non mi hanno fatto impazzire si aggiunge una certa piattezza della storia nella prima mezz'ora. 
Da lì in poi decolla, anche grazie alla prova di Rebecca Hall, molto convincente nel ruolo della moglie del padrone che tenta disperatamente di mantenere le apparenze, respingendo le avance nemmeno troppo velate del giovane impiegato. 

La promessa che dà il titolo è una sofferenza che si protrae troppo a lungo, facendo riflettere su quanto fosse difficile ai tempi e sulla forza dell'Amore - fatemi essere pessimista, disillusa e vecchia dentro, ma difficilmente oggi questo tipo di legame potrebbe esistere, certamente c'è da dire grazie al cielo perché attese del genere logorerebbero chiunque, ma hanno comunque un loro fascino ed una forte valenza. 

Ambientato in Germania, ma interpretato da attori britannici, suona alquanto strana la battuta "è la prima volta che beve il tè?".
Dimenticandosi che i personaggi sono tedeschi e pensando che gli inglesi sono composti al 90% da tè, dopo questa frase mi sono sentita giusto un po' disorientata.

VOTO: 7 -
REBECCA HALL: 8



venerdì 24 aprile 2015

1992 - Ci piace il trash

Partiamo subito con la lista di quello che mi piace della nuova serie targata Sky, 1992, #daunideadiStefanoAccorsi: 
  1. La sigla, figa quanto basta
  2. Il tema trattato 

Raccontare il 1992 e Mani Pulite è stata una grossa scommessa, è un argomento ed una parentesi della nostra Storia di dimensioni epocali. L'idea mi è piaciuta sin da subito, un periodo buio ma affascinante, sotto alcuni punti di vista, una bella occasione per capire meglio gli eventi di quegli anni (per chi è troppo giovane o poco informato).
Occasione completamente sprecata.

E quindi
  1. La sigla 
  2. Il tema trattato, peccato sia stato raccontato coi piedi. 
Ci sono talmente tante cose che non vanno in 1992 che non so nemmeno da dove iniziare.
Non è vero, lo so da dove iniziare, dall'attrice che ha ridefinito il concetto di "incapace a recitare": Tea Falco

Siciliana che tenta di fare la milanese, la recitazione della Falco si distingue per il biascicamento e per la capacità di non far capire nulla di quello che dice. Il suo personaggio dovrebbe essere una fattona, scazzata, figlia viziata. 
Qualcuno ha detto che è riuscita ad immedesimarsi perfettamente nel ruolo, io dico che se fai l'attore e non ti si capisce quando parli sorge un serio problema.
Ma c'è da dire che in questa serie sembra che tutti gli attori, prima di iniziare a girare, abbiano preso una forte dose di tranquillanti.
Stefano Accorsi ha dato il suo meglio nella pubblicità del Maxibon, siamo tutti d'accordo, vero? Sono alla quarta puntata e si è già fatto anche le sedie. Pensare che il suo personaggio sia ispirato a Don Draper mi fa venire i brividi.
Jon Hamm e Stefano Accorsi. UGUALI.
Miriam Leone non è un'attrice, quello che riesce a portare a casa, di conseguenza, è tutto oro colato. Sarà il personaggio, starlette in disperata ricerca di uno show di punta, ma riesce a non essere malaccio.
Tranne alcune eccezioni, tutti gli altri (come la maggioranza degli attori italiani) recita con quella voce impostata finta come una banconota da 3 euro, fastidiosissima. 
Non si capisce per nulla che stai recitando, no no. 

Tra le eccezioni cito Guido Caprino, anche lui siciliano che, però, a differenza della sua conterranea risulta abbastanza credibile nel ruolo del milanese. Il suo è un personaggio leghista, antipatico e casinista, ma è l'unico che mi sento di promuovere.
Mani Pulite rimane sullo sfondo, tra una scena di sesso ed un'altra, senza mai andare entrare nel vivo dell'indagine e toccando i fatti storici, come la strage di Capaci, solo superficialmente.
Poteva essere una bomba. E' solo trash. 

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